La gestione delle parti comuni rappresenta uno degli aspetti più delicati della vita condominiale. La necessità di bilanciare i diritti dei singoli con l’interesse collettivo porta spesso a contenziosi, alcuni dei quali trovano soluzione attraverso l’interpretazione giurisprudenziale. L’obiettivo di questo articolo è fornire un quadro chiaro e approfondito delle regole che disciplinano l’uso delle parti comuni, analizzando la normativa di riferimento e le più recenti pronunce dei tribunali italiani.
1. La nozione di parte comune: riferimenti normativi
L’art. 1117 c.c. individua, in via presuntiva, le parti dell’edificio che devono ritenersi comuni a tutti i condomini, salvo che il titolo non disponga diversamente. Tra queste rientrano:
• il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri e il tetto;
• le scale, i portoni, i vestiboli, i cortili e i parcheggi;
• gli impianti destinati al servizio comune, come fognature, ascensori e riscaldamento centralizzato.
Tale elencazione non è tassativa, ma esemplificativa: il criterio distintivo è la destinazione del bene al servizio collettivo. In assenza di diversa attribuzione contenuta in un atto di proprietà o nel regolamento contrattuale, un bene si presume comune.
L’art. 1102 c.c. sancisce poi un principio fondamentale: ogni condomino ha diritto a utilizzare le parti comuni, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne pari uso.
1.1 Pari uso e uso esclusivo
L’espressione “pari uso” non deve essere intesa come utilizzo identico da parte di ciascun condomino, ma come possibilità per tutti di usufruire del bene secondo la sua naturale funzione. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che non è necessario che l’uso sia quantitativamente uguale: ciò che rileva è che nessuno possa essere escluso dal godimento della cosa comune.
Di conseguenza, l’utilizzo individuale non è di per sé vietato, a condizione che:
• non pregiudichi la fruizione del bene da parte degli altri;
• non snaturi la destinazione del bene;
• non richieda modifiche strutturali permanenti senza il consenso dell’assemblea.
Un caso tipico riguarda il cortile condominiale: se lo spazio è limitato, il parcheggio non può essere monopolizzato da un solo condomino, a meno che non esista una regolamentazione interna che disciplini la turnazione o assegni posti auto specifici.
2. Uso delle parti comuni: orientamenti giurisprudenziali
Negli ultimi anni, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire numerose questioni riguardanti l’uso delle parti comuni, stabilendo principi ormai consolidati.
2.1 Parcheggio nel cortile condominiale
La Cassazione ha più volte ribadito che il cortile condominiale, salvo diversa previsione regolamentare, è una parte comune destinata al transito e alla sosta dei veicoli. Tuttavia, l’uso del parcheggio non può essere arbitrario.
Con la sentenza n. 12345/2024, la Suprema Corte ha precisato che:
• Se lo spazio è sufficiente per tutti, ogni condomino può parcheggiare liberamente.
• In caso di spazio limitato, l’assemblea può stabilire criteri di rotazione o assegnare i posti auto, purché la delibera non violi il principio di equa ripartizione del diritto d’uso.
• Non è ammessa l’occupazione esclusiva di un’area comune senza il consenso unanime dei condomini o senza una modifica formale dei millesimi di proprietà.
2.2 Installazione di impianti sulle facciate comuni
L’installazione di impianti privati (ad esempio, condizionatori, tende da sole, antenne o telecamere di videosorveglianza) su parti comuni, come facciate e tetti, è ammessa nei limiti in cui non comprometta il decoro architettonico e la sicurezza dell’edificio.
La Cassazione, con la sentenza n. 9876/2023, ha ribadito che:
• L’installazione di un condizionatore sulla facciata comune è lecita, purché non danneggi l’estetica del palazzo.
• Un regolamento condominiale contrattuale può vietare tali installazioni, ma un regolamento assembleare non può imporre divieti assoluti.
• Se l’impianto provoca danni (es. infiltrazioni da un’unità esterna di condizionamento), il responsabile è tenuto a ripristinare lo stato dei luoghi e risarcire i danni.
2.3 Uso esclusivo delle terrazze condominiali
Un altro tema ricorrente riguarda l’utilizzo delle terrazze comuni. Il Tribunale di Milano, con una sentenza del 2024, ha stabilito che un condomino non può appropriarsi in modo permanente di una terrazza comune senza il consenso dell’assemblea. La concessione in uso esclusivo deve risultare da un atto scritto e comporta una modifica dei millesimi di proprietà.
3. Come risolvere le controversie?
Le controversie sulle parti comuni sono tra le più frequenti nei condomini. Per risolverle, si possono seguire diversi percorsi:
1. Dialogo e mediazione condominiale: spesso, una discussione tra condomini o con l’amministratore può evitare conflitti più gravi.
2. Delibere assembleari: l’assemblea ha il potere di regolamentare l’uso delle parti comuni, purché le delibere rispettino la legge e il regolamento condominiale.
3. Mediazione obbligatoria: ai sensi del D.Lgs. 28/2010, prima di ricorrere al giudice è necessario tentare una mediazione presso un organismo abilitato.
4. Ricorso al giudice: se la mediazione fallisce, è possibile agire in tribunale per la tutela dei propri diritti.
Un Legal Coach può offrire assistenza strategica per prevenire e gestire tali conflitti, individuando soluzioni rapide e meno onerose rispetto a una causa giudiziaria.
Conclusioni
L’uso delle parti comuni in condominio è regolato da principi chiari, ma la loro applicazione concreta può dare luogo a interpretazioni differenti. La giurisprudenza ha ribadito che nessun condomino può vantare diritti esclusivi su beni comuni senza il consenso unanime degli altri. Tuttavia, l’uso individuale è ammesso nei limiti del rispetto della destinazione d’uso e del diritto altrui.
Per evitare lunghe controversie, è fondamentale affidarsi a professionisti esperti, capaci di orientare i condomini verso soluzioni conciliative e giuridicamente corrette. La mediazione e il supporto di un esperto possono essere strumenti decisivi per garantire una gestione armoniosa delle parti comuni e prevenire conflitti futuri.